Con il termine sofferenza fetale si fa riferimento a tutta una serie di casi diversi tra loro, ma in generale si tratta di un fenomeno che si riscontra quando il battito cardiaco del bambino è al di sotto della normale soglia (la quale a fine gravidanza dovrebbe aggirarsi tra i 120 e i 160 battiti al minuto).
Cause, sintomi e diagnosi della sofferenza fetale
Il fatto stesso che il bambino soffra di un battito cardiaco che non è nella norma può essere attribuito sia a ragioni patologiche sia a malformazioni cerebrali del bambino, sia a eventi improvvisi che possono capitare durante il travaglio (per questo parlavamo di “tutta una serie di casistiche”). In quest’ultimo scenario sono due le motivazioni più frequenti per le quali si possa rilevare un battito cardiaco al di sotto della normale soglia: l’ipertonia uterina (contrazioni assai intense e prolungate del muscolo uterino che riducono l’afflusso di sangue attraverso la placenta), e il cordone ombelicale che può presentarsi con dei nodi o ancor peggio attorcigliato intorno al collo del piccolo.
Quando è causata da malformazioni o patologie su scala cerebrale, la sofferenza fetale si manifesta solitamente durante l’arco della gravidanza; mentre è alquanto probabile che la sofferenza fetale acuta, ovvero quella che è data da ragioni legate al travaglio, sia appunto solita presentarsi durante il parto.
Quando si è in piena sofferenza fetale l’equipe medica è solita appoggiare due sonde ad ultrasuoni sulla pancia, che apparentemente sono proprio come quelle usate nelle ecografie esterne, e che servono per misurare l’entità della contrazione da una parte e il battito cardiaco del bambino dall’altra. Il macchinario a cui queste due sonde fanno riferimento, detto cardiotocografo, rileva i dati su una sorta di tracciato. E il tracciato viene usato proprio dagli operatori per cercar di capire in quali condizioni si trovi il bambino.
Non è però detto che sia sempre necessario collegarsi al cardiotocografo, poiché l’ostetrica può, a seconda del caso in oggetto, decidere di servirsi di una sonda portatile ad ultrasuoni con cui ogni 20 minuti circa controllare il battito cardiaco del bambino. Anche questo è un ottimo modo per tenere sotto controllo la situazione!
Sofferenza fetale: conseguenze a lungo termine
Anche in questo caso è necessario fare una distinzione tra i due casi. Perchè se il bambino è affetto da una patologia cerebrale o da una malformazione occorrerà approfondire per bene le ragioni di quel suo stato di salute: in questo caso, infatti, non è tanto la sofferenza fetale in sé a preoccupare ma è proprio la patologia che vi sta a monte a dover essere analizzata per capire come poterla trattare nel futuro. Se invece la sofferenza fetale è data da un episodio accaduto durante il travaglio, possono allora esserci delle conseguenze anche per il domani, così come possono non essercene affatto: se la mancanza di ossigeno è stata prolungata è probabile che una parte del cervello non funzioni più a dovere sviluppando ritardi mentali, rritardi nello sviluppo cognitivo o ritardi nello sviluppo motorio. In questa circostanza è necessario predisporre una serie di visite neuropsichiatriche per monitorare che la crescita del bambino prosegua come deve e valutare, eventualmente, delle terapie da mettere in atto per tentare di ripristinare nei limiti del possibile una situazione di normalità.
In alcuni contesti si sente parlare di correlazione tra sofferenza fetale e insorgenza dell’autismo, ma ora come ora non c’è alcuna conferma scientifica che possa provare questo legame, soprattutto perchè non si conoscono neanche le ragioni scatenanti dell’autismo stesso! Tra l’altro per parlare di problemi seri (slegando il discorso dall’autismo) occorre trovarsi dinanzi a una mancanza di ossigeno piuttosto lunga, e questa ipotesi è oggi sempre più improbabile data la conoscenza e la prontezza che si sono sviluppate in materia di intervento tempestivo.