Mentre in Irlanda il referendum ha sancito la vittoria del “Si” alla legalizzazione dell’aborto, in altri paesi europei la legislatura vieta questa procedura o la consente in specifiche circostanze. I paesi in questione sono Malta, San Marino, Liechtenstein, Polonia, Vaticano, Monaco e Andorra.
L’ottavo emendamento irlandese enuncia che “lo Stato riconosce il diritto alla vita del nascituro e, nel dovuto rispetto dell’eguale diritto alla vita della madre, garantisce di rispettare e, per quanto possibile, difendere e rivendicare tale diritto”. Allo stato attuale è praticamente impossibile per una madre interrompere una gravidanza volontariamente; la legge adesso inevitabilmente cambierà.
E’ scontato che Città del Vaticano non possa consentire l’aborto per ragioni prettamente religiose e morali, altri paesi laici con popolazioni altamente religiose seguono le stesse regole. A Malta, l’aborto non è consentito per nessuna circostanza, che sia dovuto come conseguenza di stupri e incesti, per motivi socioeconomici, malformazioni fetali, salute mentale e fisica di una donna o per la sua stessa vita. Malta è anche uno dei paesi più religiosi d’Europa, con oltre il 90% delle persone che afferma di credere in Dio.
Piccole nazioni come San Marino e Andorra hanno restrizioni molto simili a quelle maltesi: il 90% della popolazione di San Marino è cattolica, mentre in Andorra la Costituzione menziona specificamente i privilegi per la Chiesa cattolica, e una donna che acconsente all’aborto rischia fino a due anni e mezzo di prigione.
Nel Principato del Liechtenstein una donna può abortire soltanto se è a rischio la sua salute fisica e mentale, oltre che la vita. Nel 2012, il principe ha persino minacciato di porre il veto ai risultati di un referendum se la popolazione avesse scelto di legalizzare l’aborto nei primi tre mesi di gravidanza o se il feto soffrisse di malformazioni.
Fino al 2009, l’aborto era vietato nel Principato di Monaco, ma oggi viene consentito in alcuni casi, come stupro, incesto, menomazione fetale e quando la vita e la salute di una donna sono a rischio.
Le leggi sull’aborto in Polonia hanno dato vita a pesanti proteste da parte di alcuni funzionari, i quali hanno tentato di vietarlo completamente nel 2016. Attualmente è consentito solo in caso di stupro, incesto, menomazione fetale e con il consenso dei genitori se la donna ha meno di 18 anni. Il problema in Polonia è che sono pochissimi i medici disposti a praticare l’aborto, costringendo le donne a cercare assistenza nei paesi limitrofi come la Germania.
La vittoria del “Si” nel referendum irlandese potrebbe innescare una serie di pressioni politiche sia nei paesi sopra elencati che in quelli dove l’aborto è già consentito. Ma sarà difficile vedere un cambiamento nel breve termine delle leggi attuali.