Le donne continuano ad avere difficoltà ad imporsi nei posti chiave del settore lavorativo, il quale apre le porte ad una importante carriera. Anche se il numero di quelle altamente specializzate supera la controparte maschile, il loro ruolo principale viene visto nell’ambito familiare, consentendo agli uomini di continuare a primeggiare nei ruoli di leadership.
Ma c’è un altro aspetto, che pochi considerano: altre donne che possono diventare le peggiori nemiche. Secondo un recente studio, la competizione tra donne causa impedimenti nel successo lavorativo, accentuata rispetto a quelle maschile soprattutto perché la cultura femminile ha sempre valorizzato l’armonia e l’uguaglianza.
In presenza di concorrenza, i rapporti tra donne possono essere messi a dura prova. Per interagire bene con i propri colleghi, le donne tendono a lottare in modo spietato e meschino, limitandone la progressione della carriera lavorativa. L’insicurezza che ne scaturisce, insieme al pettegolezzo e all’aggressività, limita non solo la loro carriera ma anche quella di altre. Infatti, gli atti di bullismo perpetrati da donne, nel 68% dei casi, sono rivolti ad altre donne.
In presenza di molta gerarchia, in cui gli uomini hanno i migliori lavori e le donne i posti di livello medio o inferiore, diventa più una questione di come le donne si comportano con le persone che hanno il potere rispetto a quelli che ne hanno poco. Le donne sembrano reagire meno bene alla concorrenza rispetto agli uomini; probabilmente ciò ha le radici nel passato, quando erano soltanto gli uomini a gareggiare per la leadership in un gruppo.
Lo studio ha inoltre scoperto come le donne che lavorano in team tendono a provare forte stress personale quando si trovano in situazioni di competizione, rispondendo spesso negativamente. Di contro, la competizione crea agli uomini stimoli a fare meglio, catturando il suo aspetto benefico.
In presenza di una netta disparità di guadagno tra una donna che occupa i vertici societari e un’altra che occupa un posto di lavoro generico, la meschinità che viene percepita non diventa esclusiva di genere ma una funzione dovuta alla differente posizione.
Infatti, uno dei principali indici di personalità di chi è salito al vertice di una organizzazione è la tendenza ad essere più sgradevole, più competitivo e meno preoccupato per le sottigliezze sociali. Nel complesso, gli uomini nei ruoli di comando tendono ad adattare questa descrizione più spesso. Ma lo studio ha dimostrato che le donne in posizioni di leadership tendono ad essere meno amate degli uomini e sono percepite in modo meno favorevole da colleghi e dipendenti.
La formula magica per tutto questo? Nelle aziende dove la maggioranza dei dipendenti è di sesso femminile bisognerebbe organizzare il lavoro in modo tale che venga creato un ambiente meno competitivo. Se poi tutto questo si tramuti in maggior produttività e profitto è tutto da verificare.