Il matrimonio tra Carlo e Diana sembrava una favola in quanto ricalcava un vecchio mito: una ragazza sposa un principe e diventa una principessa. Ma come per tutte le belle fiabe, c’è un sempre un antro oscuro. Al centro c’è una giovane donna timida e gentile che deve, per qualche motivo, essere vergine. Una volta sposata, il palazzo diventa una prigione e lei soffre orribilmente. Lungo la strada ci sono tradimenti e tentativi di suicidio. Alla fine fugge, solo per vedere la sua libertà che si infrange davanti a una morte prematura. E la gente piange come non ha mai pianto prima.
Questa storia ha un enorme impatto emotivo e, di conseguenza, viene continuamente rivisitata. Adesso è stata anche romanzata, questa volta da Emma Corrin nel dramma Netflix “The Crown”; nonostante sia finzione, anche se il fratello della principessa Diana sentiva il dovere di ricordare alla gente questo fatto, gran parte di questa storia, che la gente trattava come una soap opera molto prima che diventasse tale, implica pregiudizi e congetture. Eppure, Corrin ha comunque catturato qualcosa della giovane Diana: la sua sensibilità e la sua solitudine, che sembra reale per le persone, e ha alimentato ancora più empatia per la sua vita infelice come membro reale.
La storia viene ora scoperta da una nuova generazione, che erano bambine quando Diana è morta, e che allora non capiva completamente perché le loro mamme piangessero. In questi giorni, moltissime giovani donne si identificano come femministe e molte di loro guardano la storia di Diana con orrore.
Questa è una generazione cresciuta in una cultura delle celebrità ossessionata dal dolore femminile e, ora che stanno le esternazioni della Duchessa del Sussex sulla stampa, si chiedono quanto sia cambiato davvero. La moglie del principe Harry ha istinti umanitari simili a sua madre e questo l’ha resa un facile bersaglio in una guerra culturale di lunga data che prende di mira gli attivisti per la giustizia sociale e l’uguaglianza razziale.
Questi stessi guerrieri vogliono lasciare intatta la lunga storia dell’establishment britannico. Le storie devono restare inesplorate, giudicate dagli standard dell’epoca, e non da quelli attuali. I monumenti devono rimanere in piedi. Le istituzioni nazionali non devono scavare troppo nei loro oscuri antri.
C’è da chiedersi cosa significherà a lungo termine questa tendenza al revisionismo storico per la monarchia e l’aristocrazia. Molte donne si sentono sconcertate da chi pensa di sopprimere la vera storia dietro il sistema di classe reale. La gente parla, Internet esiste. Non si può sopprimere il passato perché, ribollendo, viene poi in superficie. Alla fine, la crudeltà viene sempre alla ribalta. Una principessa maltrattata, una terra di castelli costruiti sul sangue. Qualunque sia la verità, la facciata da favola si spezzerà sempre.