Il numero di donne prive di documenti che arrivano in barca nell’Europa meridionale è aumentato significativamente negli ultimi cinque anni, e molte di loro si sono poi fatte strada verso l’Europa settentrionale. Alcune arrivano in Europa in stato di gravidanza, altre rimangono incinte poco dopo l’arrivo o le donne arrivano già coi neonati dietro.
In base ad uno studio fatto in Sicilia nel 2014, l’11 per cento delle donne emigranti arrivano incinte. Parliamo delle morti in mare: gli annegamenti, la ricerca e il salvataggio. Parliamo anche delle violenze che si verificano in Libia, la politica, le strategie del Sahel, gli affari libici, gli accordi con la Turchia. Ma le nascite specifiche e le sfide riproduttive per le donne durante il processo di emigrazione sono spesso trascurate.
Molte donne emigranti lavorano come prostitute; alcune sono vittime della tratta di esseri umani. Ci sono donne incinte che vogliono abortire oppure che non hanno ricevuto aiuto dai compagni di sventura durante il viaggio in Italia. Prive di documenti e spaventate dalla deportazione, molte donne non osavano chiedere assistenza medica professionale.
Le donne che arrivano incinte o con i neonati sono spesso oggetto di discussioni anti-immigrazione con l’utilizzo del termine “bambini dell’ancora”. L’idea è che le donne migranti decidano deliberatamente di sfruttare i sistemi di protezione umanitaria stabiliti per i bambini per prolungare la loro permanenza in Europa. La realtà è più complessa di quanto questo suggerisca.
Bisogna capire l’interconnessione che c’è tra la riproduzione e le rotte delle donne emigranti nel loro viaggio dalla Nigeria all’Europa. I viaggi di queste donne sono interconnessi alle loro relazioni intime con i padri dei loro figli – fidanzati, mariti, compagni di viaggio – e, in particolare, alle violenze sessuali subite lungo il cammino.
L’argomento “anchor baby” è ulteriormente minato dal fatto che le donne che rimangono incinte dopo un abuso sessuale chiedono aborti. The Lancet ha riferito di uno studio fatto su un gruppo di donne a Milano in cui sette su otto, rimaste incinte in seguito a violenze sessuali durante il viaggio, hanno chiesto di abortire.
Aspettare ad Agadez non è solo sofferenza, è anche un momento di speranza. Con così tante giovani donne in cammino verso l’Europa, le persone si incontrano e si uniscono con gli altri lungo la strada. Nonostante le circostanze difficili alcune si innamorano con le speranze di creare insieme in Europa una nuova vita. Mentre le donne spesso dicevano di non voler fare sesso in viaggio o ad Agadez perché non c’era privacy o nient’altro che un pavimento di sabbia, si sentivano obbligate a farlo con gli uomini da cui cercavano protezione. Quindi l’argomentazione sulle donne che arrivano in Europa incinte ed usano i bambini come ancoraggio non tiene conto della difficoltà di raggiungere il vecchio continente.